Degustazioni - Dégustations

Una leggenda del vino: Henry Jayer attraverso il Cros Parantoux

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Oggi parleremo in breve di un vino leggendario: il Cros Parantoux. Lo faremo attraversando rapidamente la storia dell’uomo che lo ha reso celebre: Henri Jayer.

Henri Jayer reso celeberrimo dal suo Vosne-Romanée Cros Parantoux 1er cru,  attualmente prodotto da suo nipote Emmanuel Rouget, che ha ereditato questa vigna  alla scomparsa dello zio.

Come Jean-François Coche-Dury ad Aloxe-Corton e Meursault, Jayer é uno dei rarissimi artigiani della vigna, un grande viticoltore capace negli anni di formare tecnicamente ed anche filosoficamente decine di nuovi grandi viticoltori che hanno avuto la fortuna di fare tirocinio con lui.

Classe 1922, riceve 3 Ha di vigna Echezeaux in eredità ed  inizia a produrre vino a partire dagli anni 50′. Produttore di Richebourg, fu uno dei sostenitori del motto (citato da lui medesimo): “un grande vino é concepito nella vigna e non in cantina”

Negli stessi anni 50′, in un contesto molto difficile Henri Jayer ebbe una intuizione:  chiedere in affitto una parcella denominata Cros Parantoux alla famiglia Camuzet; il dado era tratto!

 Più’ in alto di Richebourg, una parcella con una finissima sfoglia argillo-calcarea e su un blocco di sassi, si erge il Cros Parantoux (posto biasimato da molti vignerons che ritenevano necessitasse di tantissimo lavoro fisico per un risultato poco efficace) . 

 Henry testardamente, lo rileva in affitto con un onere vantaggioso, ossia la metà’ della produzione di uva da versare a Meo Camuzet. L’intuizione avuta, ossia quella  di un pinot nero in un terreno così povero, che potesse offrire tanta acidità’,  richiede delle vigne piuttosto vecchie; infatti la prima etichetta menzionante: Cros Parantoux sarà’ prodotta solo a partire dal 1978, momento in cui Jayer diventa proprietario della vigna, avendola nel frattempo  acquistata poco per volta.

Jayer, malgrado le apparenze, è stato un grande innovatore per la sua epoca; in controtendenza con il suo tempo, mise al bando i prodotti chimici nelle sue terre, che in quegli anni riempivano le campagne; favorì nelle sue cantine, la pre-macerazione a freddo ed è ancora  ricordato (soprattutto) per essere stato un  grande  sostenitore dell’ “eraflage”, tecnica che consiste nell’eliminare il raspo prima di pigiare gli acini.

Essendo il pinot nero una pianta con un raspo che, a dovuta maturazione, cede poco tannino ai vini; moltissimi viticoltori borgognoni, tradizionalmente, preferiscono lasciare, o qualche volta, si limitano ad eliminare in parte, questi rami; ma Henri detestava i raspi, accusandoli di rendere i vini troppo amari e difficili da conservare.

Infatti  due filoni della scuola di pensiero borgognona ne nasceranno, dividendosi tra chi leva e chi no il raspo!

Il Domaine Méo Camuzet descriverà’ il cros Parantoux come uno dei rari vigneti che sono vera espressione dell’uomo, soprattutto dell’uomo che non si arrende.

Emmanuel rouget: succeduto definitivamente ad Henri nel 2002, ma alla testa del podere dal 1996,  gestisce ormai solo, questo domaine artigianale e piccolissimo dotato di particolare fama nel mondo intero.

Jayer e nipote possono essere spesso considerati come meteore nei vini della cote de nuits per il semplice fatto che hanno prodotto in solitario ed hanno dato più’ valore al loro vino piuttosto che alla loro proprietà’. Il domaine si é tramandato senza creare una marca o una firma; anche il nome della casa é cambiato e ciò ci lascia capire lo spirito d’artista in cui  dipingere è l’esperienza di un singolo e non di un gruppo o di  una famiglia.

Degustazione:

1993: ho avuto la fortuna di assaggiare questo vino nel 2010, qualche mese dopo il mio arrivo a Parigi.

Nonostante siano vini impossibili da dimenticare, ho aiutato la mia memoria, con il mio taccuino delle annotazioni, onde evitare dimenticanze o esagerazioni.

Di un colore aranciato molto tenue con dei riflessi che mi ricordavano molto la nocciola (già all’epoca, immaginate oggi!) anche i sedimenti nel fondo del calice erano degni di nota.

Al naso, nonostante l’età, ai sentori di cuoio, foglia di tabacco e tartufo nero, si accompagnano note di mirtilli e ribes appena maturi. Bocca leggiadra, di grande struttura, dominato da una lunghezza senza precedenti ed una armonia che raramente vedrò in altri vini in tutta la mia carriera.

Grande vino all’epoca, ma credo ancora oggi.

 

1996: assaggiato nel 2008.

Sicuramente un colore tegolato omogeneo, dotato di una bella luminosità.

Al naso la complessità per i vini di Jayer in generale e per il Cros Parantoux in particolare, è sempre di grande spessore. Alle note di liquirizia fresca, noce moscata e tartufo, immancabile per i grandi pinot neri con qualche anno portato benissimo; si aggiungono profumi che ricordano le more e qualche tocco di lampone molto raffinato. In bocca la stessa senzazione: grande struttura, grande armonia, largo e molto, molto lungo. Nel finale il tartufo ritorna, dando quasi l’impressione di essere a tavola con i tagliolini.

Longevità? immortale!

 

2001: assaggiato tre anni fa.

Quando siamo davanti al 2001, si ha molta fatica ad essere obiettivi. L’ultimo annata prodotta da Henry Jayer, non può essere giudicata da un comune mortale. Mentre per le altre annate, è stato in qualche modo facile ed automatico mettere insieme qualche  parola per descrivere le proprie sensazioni, per il 2001 lo ammetto, si fa molta fatica.

Di un colore granato molto tenue(sembrava un vino molto più giovane) con una grande luminosità e di grande consistenza.

Naso di grande emozione: pepe, aromi quasi di “petrolio”come quelli dei grandi riesling tedeschi! accompagnati da una nota che mi ricordava molto la polvere da sparo! quindi già al naso una particolare “verticalità” si avverte. Bocca ricca, densa, avvolgente. I frutti rossi dominano il palato e la lunghezza non ha eguali.

Ho evitato volontariamente gli accostamenti con il cibo, perché tali vini sono così unici e belli da restare scapoli!

Credo tuttavia che questi vini, nonostante li abbia assaggiati anni fa,possono ancora dare grandissime emozioni se assaggiati oggi. Il grande problema è semplicemente poter reperire questi capolavori enologici.

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