Degustazioni - Dégustations
Un Outsider in Oltrepò Pavese, Lino Maga raccontato da Sebastien Ferrara
Siete mai stati dal Commendatore Lino Maga?
Beh, se non ci siete mai stati dovete andare a trovarlo.
Diciamo che questo volto rappresenta uno dei vini rossi più grandi d’Italia, il Barbacarlo; pensate che questo nome nacque in memoria dello zio Carlo (Barbacarlo in dialetto) e le generazioni passate diedero il nome dello zio a tutta la collina ed a questa magica vigna.
La cantina ha sede in località Broni a Canneto Pavese, fondata nel 1896.
Sono stato diverse volte dal Signor Maga, ricordo l’ultima in particolar modo, arrivando in quella piccola stradina e poi il portone sulla destra. Bisogna entrare nel cortile dove chiaramente ad accoglierti non c’è lui perché ha sempre da fare o forse sta fumando l’ennesima sigaretta (sì perché Lino fuma , ma fuma proprio tanto)… Ad accogliermi c’erano un cagnolino e un signore di Modena che stava caricando in auto qualche bottiglia di questo pregiatissimo e ormai raro vino.
Dalla porticina sulla sinistra del cortile si é intravista una mano con una sigaretta…eccolo lì, il Signor Maga.
Provo una forte emozione quando lo vedo, non è come andare in visita in una grande struttura dove tutto è preciso e in ordine…perché qui in ordine non c’è niente, il suo “studio” è una scrivania piena di fogli qua e là…ed un posacenere pieno. Sempre pieno.
Ma torniamo per un attimo ai vini che produce: il Barbacarlo ed il Montebuono; il primo è una vigna di 4 ettari ed il secondo di 3. Un terreno collinare nel quale da centinaia di anni esistono diverse varietà: Uva Rara, Vespolina e Croatina.
In questa visita ho visto Lino molto pensieroso, …avessi potuto fare qualcosa per sollevarlo da un suo malessere lo avrei fatto…ma non è facile capire cosa stia succedendo, i suoi pensieri sono molti, le lotte burocratiche per il Barbacarlo credo lo abbiano messo a dura prova durante diversi anni per poi arrivare finalmente a conquistare il riconoscimento come unica famiglia di proprietà (Barbacarlo).
Passata la sua scrivania entriamo in saletta, dove i muri sono ricoperti di vecchissime annate di Barbacarlo e Montebuono e Lino si accende una buona sigaretta, se la gode, si vede quando la fuma che prova un immenso piacere.
Mi chiede da dove vengo e gli racconto un pochino di me…(le sue movenze sono lente) …ma Lino alle 10.30 trova la voglia e la forza di andare a prendere un salame…e del pane che è già sul tavolo… si perchè il pane non deve mai mancare.
Lino è generoso, stappa diverse cose da assaggiare e mentre sta preparando i bicchieri (che sono piccolissimi si chiamavano iso e quando andavo a scuola erano i bicchieri perfetti per degustare o assaggiare il vino) mi espone il suo triste pensiero della vendemmia che sarebbe avvenuta, ha cominciato a dirmi che non ha nessuno che lo aiuta … con il lock down i ragazzi che sarebbero venuti dalla Romania quest’anno non si sarebbero potuti muovere dalle loro case… a quel punto gli chiedo:
« Signor Maga mi scusi..ma in regione nessun giovane vuole fare questo mestiere » Che tra l’altro sarebbe temporaneo e invece di stare a casa a far niente e non percependo uno stipendio per me sarebbe normale andare a fare questo stupendo lavoro, anche se faticoso. Lino mi risponde che i giovani non hanno più voglia di fare questo mestiere, che è troppo faticoso e poco remunerativo…
Ci guardiamo negli occhi e comprendo…capisco che lui soffre molto di più di quanto possa dimostrare… si perché non si sa quale sia la fine di questa meravigliosa realtà una volta che Lino non ci sarà più…
Così Lino aggiunge « finché ho la forza di andare in vigna ci sarà vino … poi finirà tutto forse, ma mio figlio spero si prenda cura di tutto! »
Sì perchè il Barbacarlo è Lino Maga!
Il salame è buono e il pane anche, gli assaggi sono da capogiro… a volte c’è residuo zuccherino… a volte no. Dipende.
Chiedo a Lino cosa ne pensa della poca costanza che a volte hanno i suoi vini . Non avrei voluto chiederglielo ma son curioso …
Mi risponde che quell’anno il vino è stato imbottigliato così, c’è a chi piacerà di più e a chi meno, un’annata non può’ essere uguale all’altra… e nemmeno una bottiglia all’altra, non viene aggiunto niente nel vino, nessuno stabilizzante, nessuna filtrazione.
Vini che possono sorprendere quando si aprono se queste cose non si sanno perché si può trovare un vino frizzante, in altri casi più amabile o più acido ma è questo il bello, i vini di Lino sono vivi, raccontano la storia delle piante centenarie e del clima. Vi dirò di più, io non sono amante dei vini dolci ma se in un’annata calda si ha grande acidità e un pochino di residuo … la bottiglia finisce… e le bottiglie di Lino finiscono sempre !
Qui non si usano pesticidi di alcun tipo, nessun erbicida o concimi chimici, il vino è più naturale possibile, si usa solo un pochino di zolfo e tanto savoir-faire del contadino.
Ho grandi ricordi di annate come la 1982 era dolce e tagliente in freschezza, 1983 di una eleganza e dolcezza pazzesca, 2002 delicata e fine, secca, tra l’altro penultima annata come doc Oltrepo Pavese, la 1969 la ricordo come tra i più grandi che abbia assaggiato in Italia.
Non so quale sarà il futuro di questa magica azienda familiare ma ogni volta che vedo in una carta vini una bottiglia vecchia di Lino io la prendo, perché mi da soddisfazione se in perfetto stato, gioia e son vini di grande beva.