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Ritorno al passato…un ricordo di Bordeaux

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Due anni fa ebbi la fortuna a Saint-Emilion di visitare Belregard-Figeac.

A mio avviso, un ottimo vino,  prodotto dalla fusione di  9 parcelle di età media 20-25 anni che si estendono su una quindicina di ettari(link in allegato).

Château Belregard-Figeac, il piccolo domaine della famiglia Pueyo

La cosa che mi aveva particolarmente colpito all’epoca (sapendo di essere nel bordolese)furono, l’attenzione per i viticoltori all’ ecosostenibilità di tutta la tenuta e  la forte volontà di produrre, sempre di più, vini che rispettassero pienamente il frutto, l’uva, piuttosto che  il legno delle barrique dove il vino invece, veniva semplicemente affinato.

Ovviamente il fatto che siamo a Saint-Emilion e non nel Medoc incide molto.

Le due grandi aree suddivise in più denominazioni d’origine, più le classificazioni che partono dal 1855 ed arrivano a quelle di Saint-Emilion che sono rinnovate con una cadenza decennale, sono l’antitesi l’una dell’altra.

La rive droite e quindi Pomerol, Saint-Emilion e satelliti hanno una visione più semplice e contadina, nonostante siano stati capaci di produrre dei vini molto glamour degni delle migliori tavole del mondo.

Nella rive gauche, ossia il Medoc tutto, ed i Pessac Leognan, vige più un pensiero formatosi con la grande scuola enologica di Bordeaux e sostenuta, in principio, da famiglie aventi delle ottime ricchezze createsi principalmente con il commercio degli schiavi del diciassettesimo e diciottesimo secolo.

La Bordeaux del Medoc ha una architettura più sviluppata, e delle tenute molto più grandi in termini di superficie coltivata a vite.

Pueyo, folgorato sulla via di Damasco durante un viaggio a Trento, in casa Tava, ormai leader nelle produzioni di anfore per i vini di qualità; decise di sperimentare il loro prodotto.

L’Effetto antistorico lo ritroviamo quando notiamo che  il mondo del vino, sembrava aver ottenuto la libertà quando alle anfore, prima greche e poi romane, si sostituì il legno che era la novità delle tribù franco-alemanne, ed oggi gli stessi “Gaulois” rivogliono l’anfora in barba ai loro antenati.

In realtà i Pueyo mi assicurarono che l’anfora mi avrebbe sorpreso.

In effetti mi ha sorpreso già alcuni mesi fa con Durfort-Vivens 2019 assaggiato en primeur,  poi assagiando l’annata 2016 di  Belregard-Figeac, che mi è apparso di un colore rubino molto vivo ed omogeneo. Dai Profumi che ricordano  un tuffo nel un succo d’uva e mirtilli con una lieve nota di ribes. La bocca morbida e ricca, di un equilibrio sensazionale. Lungo ed armonico.

Non ho ancora chiesto ai Pueyo la percentuale di anfora usata in questa annata e spero di farlo presto, ma se ciò che mi dissero è stato fatto, ossia la maggior parte, allora credo che questo strumento stia portando validi frutti.

Un vino, anche di quelli che hanno la capacità di invecchiare per anni, deve essere “appetibile” da subito perchè se “ogni scarpa addiventa scarpone” secondo un detto napoletano, una rana non può diventare principe azzurro nella realtà.

Giovanni Curcio

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