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Mozzarella nella Mortella: un formaggio a pasta filata delle montagne del Cilento, avvolto in rami di mirto

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Oggi ci rechiamo in Campania, più precisamente nel Cilento, per parlare di un formaggio che tutti conoscono la mozzarella nella mortella, oppure no….già, perché il suo nome può trarre facilmente in inganno.

CC Nico86roma

Servono allora non una, bensì due spiegazioni per comprendere fino in fondo di cosa si tratta: prima di tutto dimenticate la tanto famosa sfera candida, in realtà questo formaggio è piuttosto un freschissimo caciocavallo dalla forma allungata, e dimenticate anche il caratteristico sacchetto riempito d’acqua perché qui si usa la mortella, il nome con cui qui è chiamato il mirto. Questa tradizione è nata dalla necessità di trasportare e mantenere la freschezza di questo formaggio dalle montagne, dove veniva prodotto, fino ai mercati dei paesi dove veniva, poi, venduto. Il sempreverde mirto è sembrata la soluzione ideale grazie alla sua abbondanza su questi pendii, e, in più, dona dei profumi che rendono unico questo formaggio.


La Mozzarella nella Mortella è prodotta con il latte crudo delle mucche allevate nei pascoli d’alpeggio intorno al Monte Gelbison. La cagliata, ottenuta tramite il caglio di vitello, viene rotta e lasciata riposare con una quantità molto limitata di siero, il che permetterà di ottenere una pasta compatta e asciutta con la caratteristica doppia pellicola. Dopo circa dodici ore, la si taglia in listarelle di circa 1 cm di spessore e si procede alla filatura aggiungendo acqua bollente; si otterranno così delle palline, che verranno modellate a mano, dando la caratteristica forma a “lingua di mucca”, lunga circa 15 cm e di 150 g di peso. La Mozzarella nella Mortella è quindi “confezionata” per fasci di 10 nei rami di mirto, i quali, non solo la proteggeranno dagli agenti esterni, ma che gli conferiranno sapori e sentori molto particolari, ma andrà consumata nell’arco di 3-4 giorni.

Questo formaggio si presenta color giallo paglierino, il profumo ricorda sin da subito il suo particolare imballaggio, di cui ritroviamo i sentori anche in bocca, ma sono anche presenti i sapori lattici tipici dei formaggi freschi. Al contrario della classica mozzarella, questo formaggio è poco propenso all’uso culinario, è meglio degegustarlo in purezza, con al massimo un filo d’olio.

Vi consiglio di abbinare questo formaggio con un bicchiere di vino bianco fresco e fruttato tipico di questa regione come un Fiano o una Falanghina, anche nelle loro versioni spumantizzate.

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Michele Crippa

Direttore di Sala, Lucas Carton Parigi


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