Degustazioni - Dégustations

La famiglia Surel, il Domaine Montirius immerso nei vigneti del Rodano.

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E’ sempre un piacere conversare con i viticoltori. Per me che faccio il sommelier di professione, ma anche per tutti gli appassionati di vino, queste persone danno l’anima per qualcosa in cui credono. Spesso soli, spesso accompagnati, queste persone coinvolgono tutto ciò che li circonda per il loro ideale. Che un vino sia buono, ottimo, eccellente o accettabile, dietro nasconde tanto lavoro, fisico e morale.

Ho avuto il piacere di conversare(video a fndo pagina), questa volta, con quattro grandi personaggi, una famiglia intera in effetti, che hanno scritto una pagina di storia nella parte meridionale della valle del Rodano ed anche nella loro vita. Queste persone sono Eric e sua moglie Christine, accompagnati dalle loro figlie Justine e Manon, tutti Saurel ovviamente, quindi la tenuta Montirius.

Montirius è una bellissima realtà di 63 ettari che si trova a Sarrians, non lontano da Avignone, per citare una città conosciuta nelle vicinanze. Sarrians e la tenuta Montirius, sono letteralmente immerse tra i vigneti di Gigondas, Vaqueras, Beaumes de Venise, Vinsobres e non lontano, come già citato, dagli Chateauneuf du Pape. La tenuta stessa è sulle denominazioni di Vaqueras, Gigondas e Cotes du Rhone.

Montirius si converte alla biodinamica 25 anni fa, alla nascita di Justine, primogenita e sesta generazione di viticoltori della tenuta, insieme a sua sorella Manon. Essendo, Justine, nata con qualche problema renale, i medici, dopo averle somministrato diversi antibiotici, consigliano ai genitori di  optare per l’omeopatia. I coniugi Saurel, lo fanno e ne ricevono beneficio da questi trattamenti,  per la piccola. Questa cura apre un varco nei loro pensieri, un’idea si accende nel loro animo in quanto prendono coscienza che l’individuo, umano o vegetale, essendo un essere vivente e figlio della natura ha bisogno di attenzioni particolari. Trasmettono quindi  lo stesso principio, ossia i trattamenti omeopatici, anche  alle loro piante. 

Da quel momento la tenuta Montirius diventa un “focolare domestico” per i piedi di vigna. Le piante ricevono preparazioni totalmente naturali, a base di tisane, unguenti e attenzioni varie che si adattano non solo alle esigenze della vite stessa ma tengono in considerazione tutto l’ecosistema. Il clima, le fasi lunari, il terreno,  a Montirius la vigna diventa parte di un “cosmo”, una famiglia allargata dove anche il vegetale, oltre che l’umano guadagna il suo posto. Prima di fare il passo però, i Saurel visitano Francois Bouchet,  viticoltore originario della valle della Loira, predicatore e avanguardista di qualcosa che sarà poi, quasi un movimento: la biodinamica.

Bouchet aveva deciso, dopo il suo pensionamento di aiutare i viticoltori che, stanchi e spossati dai trattamenti chimici, avevano deciso bandire i pesticidi e di guardare tutto ciò che li circondasse con un occhio diverso; una visione naturale e naturista del vino, iniziava in quegli anni ad avere i suoi sperimentatori.

La valle della Loira aveva già avuto personaggi come Nicolas Joly, che con la sua Coulée de Serrant, avevano dimostrato al mondo intero che con la biodinamica si può fare dell’ottimo vino e farlo durare anni in bottiglia, fare del bene a chi lo beve e a chi lo produce. Anche i fratelli Foucault, di Saumur creeranno una reputazione di ferro per i vigneti che avranno attenzione al loro ecosistema e non si beffavano della natura.

Una nuova fase era nata, Christine lascia la contabilità, del quale si era occupata maggiormente in precedenza per raggiungere suo marito Eric, sostenuto all’epoca principalmente da sua madre, in vigna.

Iniziano le prime cuvèe totalmente nature e le vendemmie totalmente ed indiscutibilmente a mano.

 Le varietà di uva vengono collocate ognuna sulla giusta parcella; in un suolo molto complesso, composto da marne argillose blu, arenaria, sabbia, offre un lavoro laborioso ma di grande risultato. I risultati si ritrovano nei vini e gli amatori degli ormai consolidati, vini biodinamici affollano la tenuta. Siamo in una zona che in estate può toccare punte molto alte ed in primavera il rischio di muffe è sempre alle porte.  Nonostante ciò la tenuta, posso confermare, riesce ad essere molto costante sulla qualità dei vini ed a produrre, anche nelle annate più calde, dei vini leggiadri e di grande piacevolezza, oltre che di una eccellente complessità. Il grenache, il mourvedre ed il syrah, il bourboulenc, il grenache bianco etc…sono coltivati in questi vigneti.

Approcciamo la fine della video-chiamata(che vi invito a vedere ed ascoltare) con Manon che mi parla di uno dei miei vini preferiti: le Jardin Secret. Nato dall’idea di sua sorella Justine, che ritrova un fazzoletto di terra particolare nel quale vuole “scrivere il suo diario” di vigna. Interamente a base di grenache, filtrato senza prodotti animali(si può leggere in controetichetta vegan-wine), si presenta di un bel rubino tendente al granato, piuttosto luminoso, molto tipico dei grenache eleganti, in quanto si sa, la guarnaccia, se coltivata male, può produrre dei vini molto grezzi.  Al naso è sublime, le note di ciliegia(spesso la ciliegia è sinonimo di vini ruffiani, ma qui siamo lontanissimi da questa ipotesi) sono molto raffinate e si accompagnano bene con dei sentori che ricordano i chiodi garofano e l’anice stellato. In bocca è elegante dagli inizi. Tannino fine, leggiadro ma intenso e persistente, soprattutto lungo e di buona struttura.  La gradevolezza di questo vino è dovuta alla particolarità di un suolo prevalentemente a base di marna argillosa e di un affinamento in cemento, nonché ovviamente dalle attenzioni apportate dall’equipe alla vigna ed alla vinificazione.

Anche quando tocca le punte di 14 gradi, questo vino non li dimostra; un consiglio? attenti che la bottiglia finisce presto. Accordi? un piccione di Racan, arrostito e finito al forno con una salsa a base di ciliegie; non dimenticare di preparare un crouton con le trippe del piccione fritte sopra, che questo vino può reggere senza alcun dubbio. Una volta abbiamo anche provato con una triglia, al quale avevamo fritto la pelle rendendo la pelle molto croccante.

Concludo parlando di un vino, che non abbiamo menzionato ed è tra i miei bianchi preferiti: il Vaqueras bianco, la cuvée Mineral. A base di bourboulenc, grenache bianco e marsanne, coltivati su un suolo prevalente di marna blu, garighe ed argilla; offre un colore paglierino tenue brillantissimo. Il nome minerale è scelto apposta in quanto al naso risentiamo molto delle sensazioni minerali, intense ed eleganti. Palato persistente, quasi iodato, lunghissimo. Un vino da frutti di mare, ma non il vassoio, delle capesante cotte all’unilaterale e coperte da una finissima patina di tè matcha giapponese.

Ringrazio la famiglia Saurel e chi li sostiene in vigna per questa breve conversazione e spero che presto potrò mostrarvi le loro vigne.

Giovanni Curcio

Foto Criscuolo

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