Storie - Histories
Diario di un amatore di vini n. 2
Dopo esserci interessati al Barbaresco Asili, partiamo in direzione del suo vicino, poiché geograficamente è una parcella di terra non lontana: parliamo di Martinenga.
Come già spiegato nel mio primo articolo, il Barbaresco, così come il Barolo, è prodotto a partire dal vitigno Nebbiolo. Il Nebbiolo è presente in tre varietà: Lampia, Michet e Rosè.
Il nome ufficiale di Barbaresco è attribuito quando Domizio Cavazza, grande enologo e figura emblematica dell’epoca, fondò la cantina produttori di Barbaresco nel 1894.
Tornando con il discorso a Martinenga, esso si trova vicino ad Asili, Camp, Gajun e Rabaja, altri grandi “crus” della denominazione, ed è monopolio della famiglia Marchesi di GRESY.
La tenuta si estende in forma di anfiteatro con un terreno marno-calcareo blu e grigio, esposto a sud-ovest e a 220 metri sul livello del mare; qui, il Nebbiolo esprime un acidità importante e un tannino molto fine che gli conferiscono una certa longevità.
Si tratta, senza dubbio, di un vino da invecchiamento: durante la degustazione si denota un colore rubino, brillante e alquanto leggero, gli archi fitti lasciano presagire una struttura importante.
Al naso è abbastanza complesso, con dei sentori di pepe e cuoio che lasciano poi spazio a note di lampone e mirtillo, accompagnati da aromi di liquirizia e anice stellato.
In bocca è straordinario: una freschezza e un tannino molto raffinati, una struttura sostenuta.
La progressione gustativa è complessa in quanto offre un finale lungo e marcato da profumi di tabacco e pietra focaia. Con l’invecchiamento gli aromi di tartufo dominano la degustazione.
Si sposa a meraviglia con una tartare di Fassona, razza di mucca piemontese per eccellenza, e, ovviamente, con un ottimo tartufo bianco d’Alba.
Giovanni Curcio
Immagini: Mathias di Lauro Sanseverino
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