Storie - Histories
Passeggiando tra le colline, alla scoperta del Barolo Paiagallo. Giovanni Curcio parla di Giovanni Canonica, Marchesi di Barolo e delle cantine storiche di Mirafiori.
Se ci trovassimo in Piemonte, in zona Langa, precisamente nel bel mezzo dei grand cru di Barolo; tra i 350 e i 400 metri di altitudine, al confine col comune di Novello; probabilmente stiamo ammirando la collina di Pelagallo, Peiragallo o più comunemente Paiagallo.
Toponimo di 8 ettari, che vanta nomi storici come Mirafiori o Marchesi di Barolo, oppure chicche di grande ricercatezza come quella di Giovanni Canonica.
Paiagallo ha origine(come spiegano Marchesi di Barolo) da un antico nome dialettale piemontese, che vuol dire buona pendenza.
Effettivamente sono vini che beneficiano di un ottima esposizione meridionale, con terreni composti da calcare e argilla, con un drenaggio molto irregolare.
Paiagallo appartiene ad un grosso blocco di colline che va da Cannubi a Via Nuova, molto differenti tra loro, che però riescono(quasi tutte) a mantenere una certa omogeneità anche nelle annate più complicate.
Paiagallo è stato a torto, spesso definito rustico. Probabilmente in alcune annate degli anni 80′, essendo ritenuto un cru al quale riportare minore attenzione, alcune piccole case vinicole hanno peccato di finezza nel calice; ma ciò appartiene ad un passato molto remoto.
Se si vuole assaggiare un Paiagallo “didattico”, classico, consiglio Mirafiori. Un rubino sempre vivo(specialmente nei vini che hanno cinque o sei anni) con un naso dominato da una nota di ribes accompagnati da un tocco di lampone che dà una splendida senzazione di freschezza già al naso. Bocca snella, con una progressione gustativa che sfocia spesso nel sottobosco e nel mentolato.
Marchesi di Barolo ne fa una ottima Barbera d’Alba, Peiragal.
Con un colore intenso ed una consistenza importante. Al naso profumi balsamici e pepati si incrociano con la prugna matura e dei tocchi che ricordano il cuoio. Bocca ricca ed avvolgente. Da pappardelle alla lepre.
Giovanni Canonica, ha rappresentato l’eccellenza di Paiagallo nel mondo negli ultimi anni.
Ricercatissimo dagli appassionati di tutto il mondo con un debole per il Giappone( a livello di export).
Giovanni Canonica ritiene che il vino deve farsi da sè e quindi lunghe macerazioni e grandi botti di rovere di slavonia sono di rigore in cantina.
Questi Nebbioli si presentano spesso di un granato tenue e luminoso. di ottima consistenza e dei riflessi che tendono all’arancio( come in foto il 2010). Al naso sottobosco e funghi offrono una complessità unica, supportati da sentori che evocano il tabacco da sigaro ed il cuoio.
Il palato può sembrare timido e scontroso all’inizio, ma dopo qualche minuto, si confida a noi aprendosi a profumi di chiodi di garofano e bacche rosa. Una evoluzione che si propaga in largo, ma soprattutto in lungo. Un vino da tartufo bianco, Tuber Magnatum Pico(link in fondo pagina), io lo “gratterei” sulle uova, davanti ad un bel fuoco di camino, così giusto per meditare.
Buona degustazione.
Giovanni Curcio