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Diario di un amatore di vini n. 6 Angelo Gaja, ancora in Piemonte. Roncagliette, Secondine, Sorì Tildin, Costa Russi o ancora Sorì San Lorenzo, ecco il regno di Angelo Gaja.

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Roncagliette, Secondine, Sorì Tildin, Costa Russi o ancora Sorì San Lorenzo, ecco il regno di Angelo Gaja.
Dopo aver passeggiato nelle principali vigne di Barbaresco, ci fermiamo oggi in uno dei vigneti più famosi al mondo, tale da essere presente nei più grandi ristoranti e nelle più prestigiose case d’asta: benvenuti da Angelo Gaja.

La storia della famiglia Gaja inizia nel 1859 con il bisnonno Giovanni Gaja, che decide di lanciarsi nella produzione di Barbaresco. Quattro generazioni più tardi, Angelo Gaja, detto il Re, padre di 5 figli, continua a coltivare il lascito familiare. Il Re entra a far parte dell’azienda nel 1961 e, più tardi, nel 1970, l’enologo Rivella, integra l’équipe e insieme producono il primo grande cru: Sorì San Lorenzo, della parcella Secondine. È essenziale ricordare che le vigne di Secondine furono acquistate nel 1967, ma vinificate ed etichettate solamente nel 1970.
Qualche anno più tardi, Angelo Gaja, compra il vigneto di Roncagliette e crea due etichette ben distinte: Sorì-Tildin (Tildin era il soprannome della nonna) e Costa Russi.

Le vigne di San Lorenzo si trovano a 200 e 270 metri sul livello del mare, mentre Costa Russi e Tildin a 240 e 270 metri.
Le zone di Secondine e San Lorenzo poggiano su un suolo molto vario che va dalla marna a residui ferrosi. Il più vicino è Pajè, conosciuto perché dà dei Barbaresco austeri e potenti, prodotti da Renato Ratti, il creatore della carta dei vigneti di Barbaresco e Barolo, e dal geometra Fantini, grande tradizionalista di Barbaresco e di Nebbiolo in generale.
Sorì – Tildin e Costa Russi erano all’origine un solo vigneto che Gaja decise di separare. Il loro suolo è piuttosto ricco di sabbia e donano vini più colorati e rotondi.
Per accompagnare questo grande vino uscirei dalla cucina tradizionale piemontese per addentrarsi nella gastronomia francese con una specialità di stagione e una ricetta dello Chef Antonin Carême: la lepre alla “royale”.

Se, invece, preferite la tradizione locale allora lasciatevi tentare da un risotto al tartufo bianco d’Alba.

Giovanni Curcio

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